Itticoltura

Itticoltura
20 Agosto 2022 IIIE,PCTO Anna Abbate

L’itticoltura consiste nell’allevamento degli organismi acquatici, quali pesci, molluschi, crostacei e piante con l’obiettivo di consolidare e incrementare la produzione e per avere una produzione controllata di organismi acquatici.

Questa pratica di allevamento controllato del pesce non è una semplice alternativa alle attività di pesca, ma anche una vera e propria esigenza produttiva, in grado di generare benefici economici e ambientali.

Inoltre è indispensabile per far fronte alle pressioni sulla domanda e assicurare al tempo stesso uno sviluppo sostenibile del settore, a favore della protezione dell’ecosistema e della biodiversità, sarà infatti necessario diminuire sempre più la pesca tradizionale a favore dell’itticoltura.

Ed è una attività che l’Uomo ha da sempre provato a praticare, infatti le prime testimonianze di questo metodo risalgono alle più antiche dinastie cinesi ed egizie, che poi le tramandarono alle nascenti popolazioni etrusche e romane.

Testimonianze

In epoca imperiale, tra il I e il III secolo d. C., l’allevamento ittico in vasche all’interno delle ville divenne un vero e proprio status symbol, ovvero un modo per ostentare prestigio e ricchezza, essendo dispendiosissima sia la realizzazione sia la manutenzione di piscinae o vivaria.

I Romani costruirono lungo le coste numerose vasche private, insieme ad altri tipi di impianti quali porti, stagni marittimi, peschiere.

Le vasche per l’itticoltura erano di due tipi:

  • di acqua dolce (piscinae dulces)
  • di acqua salata (piscinae salsae o maritimae).

La gestione delle prime era affidata a gente comune e i pesci venivano venduti al mercato; le seconde erano di proprietà di personaggi altolocati e, oltre a rappresentare uno status symbol, erano anche fonte di guadagno.

La pratica  era ben nota sin dagli inizi del I sec. a.C., quando Sergio Orata creò i primi allevamenti di ostriche nella sua villa di Baia nel golfo di Napoli.

Le specie più apprezzate erano l’anguilla e la triglia di mare, il tonno e la murena; maggiormente pregiate erano la sogliola, l’orata e il rombo.

I Romani, avendo intuito l’importanza di mantenere l’acqua in costante movimento per favorire un’adeguata ossigenazione, misero in atto vari accorgimenti idraulici, collegando, ad esempio, le piscinae al mare tramite cunicoli sotterranei oppure costruendo dighe per sfruttare il ricircolo delle maree.

(Il cosiddetto “edificio ellittico”, ambiente da interpretarsi, probabilmente, come vasca di allevamento per i pesci)

Addirittura divenne consuetudine per le famiglie facoltose derivare i cognomina dai nomi dei pesci che allevavano nelle piscine delle loro ville.

 Per la gens dei Licinii il cognome Murena potrebbe essere legato proprio all’allevamento di murene; Sergio Orata invece ebbe il soprannome dal pesce, l’orata, di cui era ghiottissimo.

Visione del mondo antico

Nel mondo antico era considerata molto stretta la relazione tra animali marini e divinità, i pesci venivano trattati come animali domestici e considerati sotto molti aspetti simili agli uomini.

Così venivano dati loro nomi e venivano ornati con gioielli; i proprietari se ne prendevano cura in caso di malattia e ne piangevano persino la morte, alla stregua di animali domestici.

(Particolare con pesce dal mosaico pavimentale di un’antica casa romana)

Tipologie

  • Molluschicoltura per l’allevamento di molluschi, in particolare bivalvi (cozze, vongole, ostriche)
  • Piscicoltura per l’allevamento di pesci
  • Alghicoltura per la coltivazione di alghe e microalghe come la spirulina
  • Crostaceicoltura per l’allevamento dei crostacei.

Metodi di allevamento

  • Estensivo
  • Semi Intensivo
  • Intensivo

Estensivo

È un sistema chiuso e autosufficiente.  Tra tutti i metodi di allevamento, è quello che, sicuramente, ha un minor impatto negativo sull’ambiente (ad eccezione dei lavori fatti per creare i bacini).

  • Intervento umano molto ridotto, o quasi nullo. Si limita infatti alla preparazione dei bacini destinati all’allevamento.
  • Modello di sviluppo economico. Si tratta di un modello valido di sviluppo economico di un’attività di allevamento destinata a scopi alimentari umani.
  • Conserva gli ecosistemi. Alta qualità del pesce. In termini di qualità del prodotto ittico, i pesci allevati con metodi estensivi, hanno carni di elevata qualità, pressoché equivalenti a quelle degli animali selvatici.

Intensivo

Sistema che prevede un massiccio intervento da parte dell’uomo che, non solo crea il bacino e lo popola con le specie di pesci desiderate, ma gli somministra anche costantemente cibo, acqua fresca e ossigeno. Gli alimenti somministrati possono essere naturali (cereali o altri pesci) o artificiali (mangimi).

L’itticoltura intensiva viene praticata su terraferma o in mare, attraverso l’installazione di gabbie marine, e in genere riguarda allevamenti specializzati e monocolturali, ovvero dedicati ad una sola specie ittica.

La qualità dei pesci pescati è di gran lunga inferiore.

A sua volta, l’itticoltura intensiva si distingue in:

  • marina: i pesci sono allevati in gabbie ancorate sul fondo e mantenute in superficie da un telaio galleggiante. Gli impianti possono essere posizionati al largo (offshore) o sotto costa (inshore)
  • su terraferma: avviene in vasche o all’interno di bacini, sia naturali che artificiali, alimentati con acqua di mare
  • in acqua dolce su terraferma: viene principalmente praticata in bacini artificiali volti all’accrescimento della specie

Semi intensivo (via di mezzo)

Generalmente praticata in vasche a terra, in aree costiere, laghi o lagune, in questo tipo di allevamenti l’uomo interviene per integrare la dieta dei pesci allevati con il solo scopo di renderla più completa e mirata all’accrescimento della specie.

Vantaggi

La possibilità di ridurre la pesca tradizionale, causa di un forte impatto sull’ecosistema acquatico, è uno dei principali vantaggi dell’acquacoltura: infatti, la cattura in mare può causare la morte di piccoli esemplari non ancora maturi, a causa dello schiacciamento degli uni contro gli altri nelle reti, andando quindi a danneggiare lo sviluppo dei pesci e diminuendone la quantità.

Un altro vantaggio è quello di produrre lavoro e muovere l’economia, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, fornendo così anche un mezzo di auto sostentamento, economico, ma soprattutto alimentare.

 

Gli svantaggi dell’itticoltura

  • Eutrofizzazione. Questo fenomeno deriva dall’inquinamento causato dalle alte densità di pesci negli allevamenti. L’eccesso di sostanza organica (azoto, fosforo o zolfo) portano ad una eccessiva formazione di alghe e microalghe. Queste non possono essere consumate a sufficienza dalla popolazione acquatica. Così portano ad una maggiore attività batterica che consuma tutto l’ossigeno disciolto in acqua, portando, a lungo andare, alla moria della fauna ittica. Lo smaltimento di queste sostanze è molto costoso per questo non sempre viene eseguito. Se per gli allevamenti a terra sono previsti impianti di depurazione fognaria, in mare aperto, invece, l’unico metodo consiste nello spostare l’allevamento periodicamente. E tenere in considerazione la direzione delle correnti, per evitare l’accumulo di scarti in un unico punto.
  • Compromissione di ecosistemi e biodiversità. L’allevamento di gamberi ad esempio, ha portato alla distruzione di vaste aree di vegetazione autoctona come le mangrovie in Asia, Africa e America del sud.
  • Salinizzazione di acque dolci e terreni agricoli. Questa è una diretta conseguenza dell’acquacoltura che provoca moria di piante e l’inevitabile perdita di terreni coltivabili.
  • Sfruttamento della manodopera e di minori. Ed è bene ricordare che, spesso, la manodopera che lavora agli impianti di allevamento dei pesci, soprattutto in alcune aree del mondo, è costituita da minorenni privi di ogni diritto.

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